Cryptonomicon, di Neal Stephenson (1999)
Se c'è un aggettivo che calza a pennello per la prosa di Neal Stephenson, questa icona della fantascienza contemporanea americana, è proprio “americano”.
L'intreccio della storia è piuttosto complesso, e vede vari protagonisti in tempi diversi, la seconda guerra mondiale e i giorni nostri. I nomi li ho già dimenticati, ma grosso modo abbiamo un genio della matematica che si occupa di decifrare i messaggi dei Tedeschi durante il conflitto, un rude soldato che, senza capire nemmeno lui che sta facendo, svolge compiti di controspionaggio, mentre ai giorni nostri un hacker e i suoi compari cercano di fare affari e di salvare il mondo.
Nulla da dire, la storia è avvincente e colorita, ma la prosa è, oserei dire, sguaiata, e si adatta perfettamente al luogo comune dell'americano. Il libro strizza l'occhio in maniera evidente ai geek di tutto il mondo (uno script Perl è compreso nel prezzo), ed è pur ricco di spiegazioni sui rudimenti della criptografia e dell'informatica, ma l'impressione è però sempre quella di trovarsi nell'ennesimo blockbuster.
Per quanto riguarda le idee di fondo, anche quelle lasciano il tempo che trovano e rispecchiano una certa corrente libertaria tipicamente americana (cioè, che il mondo perfetto sarebbe una “vera” economia di mercato libera priva di monopoli). Anche il classico mito americano dell'uomo che si è fatto da sé è ben presente. Questo sfondo ideologico mi annoia e mi irrita, e infatti interruppi la lettura perché facevo fatica a sopportare tali minchiate. Poi però, con il clima estivo, avevo bisogno di mandare il cervello al pascolo con qualche americanata, e lo ripresi con lo stesso atteggiamento che si ha davanti a un film d'azione americano: si sa che è una boiata, ma ci si gode lo show, perché in fin dei conti è divertente.
Basta non chiamarlo un capolavoro.